E’ sulle pagine di tutti i giornali il caso del “bail-in” degli istituti bancari Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti, quattro Banche in pessime condizioni economiche, che – almeno per il momento – si sono salvate dal fallimento, facendo pagare il conto ai possessori di obbligazioni “subordinate”.
Il bail-in (letteralmente, “salvataggio interno”) è uno strumento che consente alla Banca d’Italia,per effetto della Direttiva 2014/59/UE, di disporre, in presenza di gravi condizioni di crisi finanziaria di determinate Banche, la riduzione del valore delle azioni e di alcuni debiti delle Banche stesse, o la loro conversione in azioni, al fine di assorbire le perdite e ricapitalizzare la Banca; la svalutazione può spingersi anche, come nel caso di Banca Etruria e delle altre Banche recentemente coinvolte, al mancato rimborso tout court delle obbligazioni subordinate.
Di fronte all’eco mediatica, ed al numero tutt’altro che trascurabile dei soggetti danneggiati, il Governo dovrebbe intervenire, con una serie di palliativi, ancora tutti da definire nella misura e nelle modalità : al momento, però, è tutt’altro che certo che gli obbligazionisti subordinati, che hanno perso la totalità delle le somme investite, riescano anche solo a limitare i danni.
Quindi, cosa può fare un obbligazionista “subordinato” danneggiato ?
Le risposte sono nel Testo Unico per la Finanza (D.lgs. n° 58/1998), e nei Regolamenti attuativi emanati dalla CONSOB.
Il Testo Unico della Finanza, all’art. 21, prevede che i “soggetti abilitati” a vendere prodotti finanziari – tra i quali, gli istituti bancari – debbano “comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza”, e che debbano “operare in modo che essi (i clienti) siano sempre adeguatamente informati”.
Tali doveri sono poi specificati dal c.d. “Regolamento intermediari”, adottato dalla CONSOB con Delibera n° 16190 del 29/10/2007, il quale prescrive, all’art. 31, di fornire al cliente “una descrizione generale della natura e dei rischi degli strumenti finanziari trattati, tenendo conto, in particolare, della classificazione del cliente come cliente al dettaglio o professionale”.
Lo stesso “Regolamento intermediari”, inoltre, prescrive agli artt. 39 e 40, che la Banca operi una valutazione di adeguatezza dell’operazione posta in essere dal cliente, nel caso in cui fornisca servizi di consulenza, essendo tenuta a verificare, nello specifico, che l’operazione corrisponda agli obbiettivi di investimento del cliente, e che sia di natura tale che il cliente possieda la necessaria esperienza e conoscenza per comprendere i rischi inerenti all’operazione, e, agli artt. 41 – 42, prescrive che, anche nell’ambito di servizi di investimento diversi dalla consulenza e della gestione del portafogli, sia valutata l’appropriatezza dell’operazione, e la verifica del fatto che “il cliente abbia il livello di esperienza e conoscenza necessario per comprendere i rischi che lo strumento o il servizio d’investimento comporta”.
Dunque, è senz’altro censurabile il comportamento della Banca che ha venduto le obbligazioni subordinate “incriminate” senza accertare le qualità del risparmiatore acquirente, così come è censurabile anche la vendita degli stessi prodotti altamente rischiosi, a soggetti che, in base alle informazioni acquisite, non erano esperti conoscitori del mondo della finanza; tutt’altro discorso, naturalmente, nel caso di investitori “esperti”, o, peggio ancora, speculatori professionisti, che non sono tutelati dalla Legge in caso di un esito negativo dell’investimento.
L’ inadempimento della Banca – per non essersi accertata delle qualità del risparmiatore, o per aver venduto i titoli nonostante dagli stessi accertamenti l’operazione non risultasse “appropriata” -, comporta la risoluzione del contratto, con il conseguente obbligo in capo alla Banca a restituire le somme versate dai soggetti danneggiati, a fronte dell’acquisto dei titoli.
Peraltro, in materia di servizi finanziari, il risparmiatore danneggiato può giovarsi dell’inversione dell’onere della prova, previsto dall’art. 13, comma 6° del Testo Unico della Finanza : “Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta”, pertanto, spetterà alla Banca dimostrare di aver agito correttamente.
Molti dei risparmiatori danneggiati, dunque, anche se non si dovessero concretizzare misure in loro favore da parte del Governo, potranno agire, ricorrendone i presupposti di Legge, nei confronti della Banca, al fine di ottenere il risarcimento del danno.
Il pericolo, certamente, è che nelle more del giudizio, le condizioni delle Banche coinvolte si aggravino ulteriormente, e che si apra una procedura concorsuale che renda impossibile il recupero integrale della somma investita : la causa esperita vittoriosamente, ad ogni modo,anche in quel caso, sarebbe stata tutt’altro che inutile, dal momento che l’obbligazionista subordinato, in seguito alla sentenza favorevole, si “convertirebbe” in un creditore”ordinario”, posto sullo stesso piano degli obbligazionisti non subordinati : se si è in possesso dei titoli “tossici” delle Banche in regime di bail-in, pertanto, è sempre consigliabile rivolgersi ad un Avvocato, per verificare le possibilità di rivalsa nei confronti della Banca.